Prima Facie by Suzie Miller

Prima Facie by Suzie Miller

autore:Suzie Miller [Miller, Suzie]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


19.

Quando arrivo al posteggio sono ormai fradicia, ma quasi non me ne accorgo. Sono ore che cammino, e quando mi avvicino alla vettura in cima alla fila, all’improvviso mi rendo conto di essere peggio che esausta. Mi sento fragile, sono tutta bagnata, smarrita. Voglio solo andare da mia madre, è il mio unico pensiero. Apro la portiera del taxi nero, felice di mettermi al riparo, felice della familiarità dell’auto.

«Buongiorno».

«Buongiorno».

Mi sento addosso gli occhi del tassista e capisco che devo avere un pessimo aspetto, l’abito lungo zuppo e appiccicato al corpo, ai piedi le infradito di gomma. Come devo essere conciata, dopo tutto quello che ho passato? L’uomo tace. Allora parlo io, cercando di mantenere il più possibile la mia dignità.

«Stazione di St Pancras, per favore».

Lui risponde all’istante.

«Mi dispiace, cara, stamattina prendo solo corse vere».

«Come?»

La sua voce è cantilenante, come se la proposta fosse del tutto ragionevole.

«Cara, non sono rimasto qui ad aspettare un’ora per prendermi una corsa da quattro soldi».

Ha ragione, non mi deve portare lontano, ma brucio di rabbia lo stesso. La mia voce si fa più stridula del solito, diviene accusatoria.

«Ma lei è in fila al posteggio!»

Di certo non gli sto comunicando una novità. Il tassista non gradisce il mio tono.

«E lei mi sta bagnando tutto il sedile posteriore».

Non è una vera risposta e io non mi muovo. Taccio. Poi:

«Stazione di St Pancras, per favore».

Ma l’uomo non fa manovra. È irremovibile.

«Gliel’ho detto, non la faccio, questa corsa. C’è un albergo intero che sta per svuotarsi perché devono andare tutti a Heathrow».

«Be’, amico, indovini un po’, non sta a lei scegliere».

«Il taxi è mio!»

«Lei è in un posteggio per taxi e va dove chiedono i clienti, questa è la regola».

Ma lui non molla.

«Non stavolta».

Non perdo il contegno e la mia voce passa in automatico al tono che uso in aula.

«Se infrange la regola è passibile di sospensione. Se non accetta la corsa, sporgerò denuncia…»

E poi, infuriata:

«… e mi assicurerò che le tolgano la licenza».

Ottengo l’effetto opposto.

«Ora lei apre la portiera ed esce dal mio taxi».

«No».

Guardo fuori dal finestrino. La pioggia è peggiorata. L’autista ha perso tutta l’educazione e la cortesia che aveva al mio ingresso in auto.

«Se non esce chiamo la polizia».

Sento che ogni fibra del mio essere è sul punto di spezzarsi.

«Non è giusto».

La mia voce comincia a tremare. Il tassista deve essersene accorto, perché smette di guardare nello specchietto retrovisore, da cui ha condotto la maggior parte della conversazione, e si volta verso il plexiglas che ci separa. Vedo che mi osserva e crollo. Mi metto a singhiozzare.

«Non è giusto».

La mia voce si è addolcita, è supplichevole. Riesco a pensare solo a mia madre. Vorrei essere semplicemente a casa sua, accoccolarmi addosso a lei sul vecchio divano con il rivestimento a fiori. Sentire il suo calore ruvido.

In silenzio, il tassista mi passa un fazzoletto, che appallottolo in un fagotto umido e pieno di muco dopo essermi soffiata il naso. L’uomo non si rende conto che mi sta vedendo in un momento di vulnerabilità assoluta. Però, quando lo guardo in faccia, noto la sua espressione e penso che abbia capito qualcosa.



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